Dal settimanale "Il Sabato", alcuni articoli del biennio 1981-1983

 

 

Un mosaico col cardinale? E io ti sbatto in galera


Il regime comunista jugoslavo non dà tregua alla Chiesa cattolica croata. Dopo le dure condanne che hanno colpito i padri francescani di Medjugorje, Jozo Zovko, Ferdo Vlasic e Jozo Krizic, la scorsa settimana è stata la volta di altri due cattolici, un sacerdote e un fedele, del paesino di Strazeman, nella Croazia orientale. La magistratura comunista, continuando nella sua offensiva persecutoria, ha condannato il parroco Josip Dercic, e lo scrittore Zlatko Tomcic, a due mesi di prigione per «turbamento dell'ordine pubblico e della pace». Il parroco perché avrebbe fatto collocare nella chiesa del paese un mosaico nel quale, tra gli altri «grandi» della Chiesa cattolica croata, sarebbe raffigurato anche il defunto cardinale Alojzye Stepinac. Lo scrittore, perché avrebbe pronunciato un discorso all'inaugurazione della chiesa rinnovata, che sposava cattolicesimo e nazione croata.
In questi due fatti si è voluto vedere una manifestazione di nazionalismo, un reato che, puntualmente, viene attribuito, in Croazia in particolare, a coloro i quali dissentono, e che per manifestare la loro opposizione scelgono la via della fede. Ma, questa volta, il regime, certamente preoccupato della saldezza morale e del grande seguito e peso che la Chiesa cattolica continua ad avere tra i croati, ufficialmente ha scelto di «punire» per una semplice infrazione procedurale dando comunque il massimo della pena: perché la cerimonia nella chiesa si è tenuta senza il previsto permesso delle autorità, che, inoltre, avrebbero dovuto essere invitate.

Al di là di ogni altra considerazione, questa accusa appare doppiamente paradossale. Viene infatti da un regime comunista che predica la separazione tra Stato e Chiesa, ma al tempo stesso vuole imporre, con propri rappresentanti, un suo marchio a espressioni religiose i cui fondamenti nega programmaticamente, e in modo così deciso e rozzo da indurre, non più tardi di due mesi fa, la Conferenza episcopale croata a denunciare pubblicamente l'opera «di ateizzazione perseguita tra i bambini nelle scuole, dove si ingiuria la figura del Cristo e si spiega in modo falso la storia della Chiesa».
Come si può vedere anche da questo ultimo episodio di Strazeman, al centro dell'aspro scontro tra Chiesa cattolica croata e regime comunista jugoslavo, rimane la figura del defunto cardinale Stepinac, l'arcivescovo di Zagabria, che i comunisti descrivono come un «criminale di guerra». La campagna dei mass media nei suoi confronti è sempre molto violenta, ma altrettanto decisa e serena è la difesa che la Chiesa croata fa di questo prelato, che è anche simbolo della cattolicissima nazione croata. Tuttavia, il regime non demorde. Ora, per fare buona misura, sta attaccando anche la memoria di Ivan Merz, un laico, esponente di rilievo tra le due guerre, dei «Crociati» (l'Azione cattolica croata), per il quale nella Chiesa è in corso un processo per la proclamazione a «servo di Dio». È accusato di tessere «un discepolo di Stepinac».
In realtà, dietro questo disordinato agitarsi vi è la coscienza che il regime ha del ruolo svolto dalla Chiesa cattolica in Croazia. Ne vorrebbe prescindere, ma non può, mentre la sua durezza, e l'esempio polacco, non fanno probabilmente che accrescerlo.

 

Antonio Pltamitz