Testo di Marco Andreolli e Peter Egger, scritto in collaborazione con il Centro Culturale Romano Guardini, pubblicato dal quotidiano "Il Mattino" e riadattato dalla redazione di Tangram
La figura di Andreas Hofer (1767-1810), comandante supremo dell'insurrezione tirolese contro Napoleone, non si può comprendere fino in fondo senza un'adeguata valutazione della sua profonda religiosità. Nello stesso modo anche la sollevazione dei tirolesi del 1809 contro i bavaresi e i francesi non si può capire senza tener presente l'elemento religioso. E' interessante notare che è stato un papa a ricordare l'importanza fondamentale del fattore religioso nel contesto dell'insurrezione tirolese: Giovanni Paolo 1 (1912-1978), quando era ancora patriarca di Venezia, ha sottolineato nel suo famoso testo "Illustrissimi" la grande influenza che ebbe la religione sulle decisioni di Andreas Hofer e dei suoi compaesani.
IL TIROLO UNA ROCCAFORTE DEL CATTOLICESIMO
Il Tirolo di Andreas Hofer
era contrassegnato da una profonda tradizione cattolica che
permeava tutta la vita privata e pubblica della popolazione.
Questa forte impronta cristiana risaliva innanzitutto al 18°
secolo durante il quale le missioni popolari dei gesuiti
avevano trasformato il Tirolo in un "santa terra". I gesuiti
avevano introdotto un'intensa devozione al Sacro Cuore di
Gesù che infine avrebbe portato alla consacrazione
solenne del Tirolo al Sacro Cuore nel 1796. La profonda
religiosità dei tirolesi si manifestava anche in
tante tradizioni: si celebravano sante messe in momenti
particolari, si indicevano processioni e pellegrinaggi, si
veneravano la Madonna, gli angeli e i santi, si fondavano
confraternite. Anche nelle famiglie si praticava un'intensa
vita religiosa: la preghiera prima e dopo i pasti, la recita
dell'angelus e del rosario facevano parte della vita
quotidiana. Inoltre si vedevano dappertutto simboli
cristiani: ogni piccola frazione aveva la sua chiesa o la
sua cappella, su ogni sentiero e in tutte le stuben si
vedevano crocifissi. La gente si salutava dicendo "Sia
lodato Gesù Cristo!" In questo modo tutta la vita dei
tirolesi era segnata da un atteggiamento profondamente
religioso.
L'ATTEGGIAMENTO RELIGIOSO
DI ANDREAS HOFER
Questo spirito cristiano
formò anche la personalità di Andreas Hofer.
Il futuro capo dei tirolesi crebbe in una famiglia
praticante e ricevette le prime istruzioni religiose da
parte dei familiari. Alla sua famiglia risaliva
probabilmente la sua abitudine di recitare il rosario e di
venerare il Sacro Cuore di Gesù. La sua indole era
caratterizzata da un atteggiamento profondamente cristiano.
Johann Staffler (1793-1868), un compaesano che lo conobbe di
persona, lo descrive come "profondamente onesto e
ragionevole, buono, gentile e sereno, delle volte anche
spiritoso, ma sempre guidato da un senso pio e
cristiano." Anche il grande scrittore e storiografo tirolese
Beda Weber (1798-1858), che a lungo si era intrattenuto con
diversi contemporanei dell'Hofer in val Passiria, sottolinea
la grande religiosità del capo tirolese: "La sua
pietà aveva le sue radici in un sentimento religioso
che escludeva ogni tipo di elucubrazioni; la consapevolezza
dell'onnipresenza di Dio lo accompagnava ovunque e lo
rendeva sereno, paziente, misericordioso verso tutti gli
uomini. Egli disprezzava la rassegnazione e le chiacchiere
critiche nei confronti della morale altrui. L'appartenenza
alla Chiesa la sentiva come un bisogno." Significativa per
lo spirito religioso dell'Hofer è anche un'iscrizione
che si trova sulla parete della stube nel Sandhof:
"Nell'anno 1802 si fece il voto di celebrare ogni anno in
questo luogo la festa del dolcissimo Cuore di Gesù e
la festa di San Francesco Saverio." Sopra questa scritta si
trovano le lettere iniziali di Andreas Hofer e di sua
moglie, accompagnate dalle lettere "C+M+B" che figurano
quali iniziali di una formula di benedizione che si trova
sulla porta d'ingresso di tante case tirolesi e che
significa "Christus Mansionem Benedicat" ("Cristo benedica
questa casa").
I TIROLESI SI OPPONGONO
ALL'ILLUMINISMO DELL'IMPERATORE GIUSEPPE II
Dalla seconda metà
del 18° sec. in poi s'incominciò a sentire anche nel
Tirolo la crescente influenza delle idee illuministiche che
mettevano in discussione la fede cristiana e i costumi
tradizionali. Ma la popolazione contadina tirolese
intuì ben presto la portata di queste idee
rivoluzionarie e anticristiane e si oppose fin dall'inizio
alle riforme illuministiche.
Il primo confronto avvenne durante il governo
dell'imperatore asburgico Giuseppe II (1780-1790). Questo
imperatore, figlio della pia imperatrice Maria Teresa,
cercava di imporre a tutto l'impero una radicale riforma
religiosa che s'ispirava alla filosofia illuministica.
Questa riforma prevedeva l'eliminazione di tante feste
religiose, vietava le processioni, metteva in discussione
vari culti e funzioni religiose e portava alla sospensione
degli ordini contemplativi. Essa vietava anche il culto del
Sacro Cuore al quale il Tirolo era particolarmente devoto.
Questi ed altri provvedimenti presi dal governo viennese
indignarono talmente i tirolesi che si dovette temere una
sollevazione. L'imperatore poco prima della sua morte si
vide costretto a ritirare i suoi ordini e ad ammettere
nuovamente le varie forme di culto tanto care ai
tirolesi.
LE RIFORME ILLUMINISTICHE
DURANTE L'OCCUPAZIONE BAVARESE
Il secondo conflitto per
la difesa della religione contro l'lluminismo invadente ebbe
luogo durante il governo bavarese nell'epoca napoleonica.
Dopo la grave sconfitta di Austerlitz l'Austria con la pace
di Presburgo (1805) dovette cedere il Tirolo a Napoleone che
lo aggregò alla Baviera, sua fedele alleata. In
questo modo il Tirolo (che allora comprendeva anche il
Trentino) passò dall'Impero asburgico alla Baviera.
Nonostante le promesse solenni del re Massimiliano Giuseppe
I di Baviera di rispettare i costumi tirolesi, il governo
bavarese incominciò ben presto ad imporre le riforme
illuministiche in tutti i settori. L'anima di queste riforme
fu il primo ministro bavarese, il barone Massimiliano
Montgelas (1759-1838). Questi era il rampollo di una
famiglia nobile proveniente dalla Savoia. Suo padre era
entrato in servizio presso il re di Baviera. Il giovane
Montgelas aveva studiato a Nancy e a Strasburgo dove siera
imbevuto delle idee dell'illuminismo. Dopo il suo ingresso
nella politica divenne rapidamente primo ministro e
legò il destino della Baviera alla Francia. Inoltre
il Montgelas era membro di una loggia massonica che aveva
dei rapporti particolari con influenti circoli francesi.
Il governo bavarese prese energici provvedimenti contro le
usanze religiose: combatté e vietò la recita
del rosario in chiesa, le funzioni mattutine del "Rorate"
durante l'avvento, la messa cantata di mezzanotte a Natale,
l'allestimento del Santo Sepolcro durante la Settimana
Santa. Proibì il suonare delle campane e la
benedizione contro il pericolo dei temporali, vietò
le novene, le processioni, i pellegrinaggi, il suonare le
campane a distesa per i defunti. Soppresse tante
festività religiose dei contadini e le confraternite.
Ai vescovi di Trento, Bressanone e Coira, che allora erano i
pastori delle varie parti del Tirolo, vennero imposti i
seguenti ordini: tutti i chierici prima della loro
ordinazione dovevano essere esaminati e approvati in nome
del re dai professori dell'Università dì
Innsbruck; i sacerdoti dovevano essere esortati a eseguire
"con la più perfetta sottomissione tutte le ordinanze
regie che riguardassero 'la polizia della Chiesa"'; i
vescovi dovevano passare al re "la collazione di tutti i
benefizi ed anche la nomina dei curati delle loro
diocesi."
Lo stato bavarese si arrogò il diritto della
formazione e dell'ammissione dei preti, della nomina dei
professori e della gestione finanziaria della Chiesa.
Attraverso la "polizia della Chiesa" controllava l'intera
vita ecclesiastica, spiava le prediche domenicali,
controllava addirittura il consumo delle candele e dell'olio
santo nelle chiese. Gli sbirri non esitavano nemmeno a far
finta di confessarsi per sapere come la pensassero i preti e
per poterli denunciare.
L'OPPRESSIONE BAVARESE E
LA RESISTENZA TIROLESE
I vescovi, il clero e i
fedeli compresero ben presto che queste riforme non
mettevano in pericolo soltanto la fede, ma anche tutta la
vita comunitaria basata in gran parte su valori religiosi. E
così essi tentarono di opporsi in tutti i modi a
queste riforme che mettevano in discussione la vita
religiosa e con essa anche l'identità tirolese. Ma i
bavaresi e i loro collaboratori locali - fra i quali sono da
nominare innanzitutto il conte d'Arco e il barone Hofstetten
- risposero a quest'opposizione con provvedimenti molto
drastici: appena i vescovi di Trento e Coira fecero capire
che non avrebbero aderito agli ordini del governo, furono
mandati in esilio; quando diversi esponenti del clero non si
piegavano alla volontà del governo bavarese, venivano
minacciati e messi in prigione; se i preti non rispettavano
le direttive della riforma, essi venivano sostituiti da
"preti del governo"; quando in alcuni comuni si
organizzavano dei pellegrinaggi, questi comuni venivano
puniti con multe salate.
Vennero arrestati alcuni di quelli che avevano portato i
crocifissi durante le processioni, si picchiarono
pubblicamente delle ragazze che avevano suonato a distesa le
campane. I bavaresi chiusero anche diversi conventi e
monasteri, saccheggiarono le biblioteche e portarono le
opere d'arte in Baviera. "Ogni soppressione di un monastero
era seguita immediatamente da un'asta al pubblico..."
Diverse volte ricchi commercianti ebrei comprarono gran
parte degli oggetti e fecero dei buoni guadagni. "In tal
guisa una grande quantità di oggetti che servivano al
culto e tutta l'argenteria della Chiesa caddero nelle loro
mani con grande scandalo del popolo."
A quell'epoca sorse una specie di Chiesa clandestina. Allora
i parroci mandati in esilio "percorrevano travestiti quelle
valli e vi celebravano i santi misteri ora nei granai, ora
nelle grotte, ed ora eziandio (= anche) nel più fitto
delle selve." I credenti restavano fedeli ai loro preti: "I
penitenti facevano molte leghe di viaggio per trovare un
confessore, le donne che erano vicino al parto si recavano
in qualche villaggio, nel quale si sapeva esser nascosto un
vero prete, perché il futuro neonato avesse dalle sue
mani il santo battesimo, i malati si facevano trasportare
altrove per ricevere il santo viatico...". I fedeli
disertavano le sante messe celebrate dai "preti del governo"
e li insultavano. Viceversa la popolazione difendeva i
sacerdoti contro i soprusi della polizia e delle truppe
bavaresi mandate nelle parrocchie. La popolazione implorava
il cielo affinché queste tribolazioni finissero.
Anche Andreas Hofer, l'oste del Sandhof in val Passiria, era
preoccupato. Era ben informato su tutte queste faccende.
"Quando gli si parlava delle presenti calamità che
sopportava la Chiesa, si contentava di rispondere: "Amici,
bisogna pregare, giacché è assai grande il
pericolo che corre la fede."
L'OPPRESSIONE RELIGIOSA
MISE IN PERICOLO L'IDENTITA' TIROLESE
Per comprendere ancora
meglio lo stato d'animo dei tirolesi di allora, vogliamo
ricordare che le riforme illuministiche "strappavano al
popolo le sue più pure gioie, le sue più care
memorie, le sue più antiche tradizioni, e le sue
ispirazioni più poetiche." Con tanta
sensibilità un autore francese del secolo scorso
descrisse la situazione:
"A che cosa si riducevano per esempio dopo tali ordini le
feste così animate e rumorose della valle dello
Ziller, che erano sempre accompagnate dal canto di alcune
canzoni composte dai più abili poeti del paese, dalla
musica, dalla danza, e dalla lotta che aveva luogo nella
piazza medesima della Chiesa?
Che cosa diventavano nella valle dell'Inn quei drammi
rusticani, nei quali quei montanari sopra un palco innalzato
sotto la volta del cielo rappresentavano agli occhi di
un'immensa moltitudine le vecchie leggende del paese, vari
racconti della Bibbia e soprattutto quelli della passione,
per mezzo della mimica, di cori e di semplici
produzioni?
Che cosa diventava finalmente nei dintorni di
Brixen (=Bressanone) quella famosa processione del Corpus
Domini, nella quale gli uomini di quella valle, vestiti nei
loro costumi pittoreschi, tutti a cavallo, con le bandiere
spiegate e la banda musicale alla testa, facevano corteggio
al clero, che anch'esso a cavallo apriva la marcia portando
il Santissimo Sacramento?"
Questa gente aveva bisogno delle sue festività che le
davano una ben precisa identità, ma anche la forza
necessaria per affrontare le difficoltà della vita. "... abbisognavano della loro semplicità patriarcale,
della loro allegria, della loro fede per amare il loro
paese, del resto sì povero, per sopportare le loro
fatiche così penose e per trovare in Dio la forza
necessaria per superare tutte le difficoltà della
vita..."
ANDREAS HOFER COME FIGURA
OPPOSTA DI MONTGELAS
Le varie persecuzioni e
tribolazioni subite nel campo della fede contribuirono
notevolmente all'indignazione dei tirolesi nei confronti dei
bavaresi e dei francesi. Quando i tirolesi nel 1809
insorsero contro i loro oppressori, la soppressione
religiosa figurava fra i primi motivi per la loro rivolta.
Scrive papa Luciani: "Montgelas non immaginava fin dove
potesse arrivare il sentimento religioso del cattolicissimo
popolo tirolese. Questo inoltrò al re di Baviera
rispettose istanze, perché fosse ritirato il "decreto
empio e liberticida". Invano. Allora fu l'insurrezione in
massa."
E il simbolo di questa insurrezione divenne Andreas Hofer
che in tutto era l'opposto di Montgelas. "Quasi non si
conoscono altre due figure più diverse e più
opposte di così: l'uno letterato e ostinato
riformatore, l'altro senza istruzione superiore e
conservatore; l'uno un cortigiano autocompiacente, l'altro
un oste gioviale; l'uno formato dall'illuminismo scettico e
dalla massoneria, l'altro figlio profondamente credente e
pio della Chiesa cattolica-romana; l'uno malaticcio e
debole, l'altro esuberante di salute e di rigogliosa forza;
Montgelas, il nobile servitore di un re dipendente da
Napoleone, Andreas Hofer, un difensore e rappresentante del
ceto contadino e del popolo semplice." Questi due personaggi
incorporarono i due grandi contendenti: l'illuminismo
massonico e il cristianesimo cattolico popolare.
L'IMPRONTA RELIGIOSA
DELL'INSURREZIONE TIROLESE
Nella primavera del 1809 i
tirolesi insorsero contro i bavaresi e i francesi. Le
compagnie tirolesi riuscirono a sconfiggere più volte
i nemici. Sul monte Isel nelle vicinanze di Innsbruck
Andreas Hofer inflisse tre sconfitte agli eserciti
franco-bavaresi. Tutta l'insurrezione fu contrassegnata da
una forte impronta religiosa. Ciò si esplicava nel
motto scelto dai patrioti tirolesi: "Per Dio, per
l'imperatore e per la patria!" e nei vari editti emanati da
Andreas Hofer e dai suoi comandanti. In un editto di Hofer
alle compagnie di Axams si leggono le seguenti righe: "Se
mai vi accorgete che ci avviciniamo... non esitate a
prendere le armi. Si tratta di religione e di cristianesimo;
non lasciatevi ingannare dai mascalzoni..." Un altro esempio
significativo sono le seguenti righe scritte dal comandante
Speckbacher: "Prego nel nome di Dio e della SS.
Trinità, che tutti gli uomini che possono portare le
armi partano coi Landsturm generale ... per combattere per
Dio, la patria, l'imperatore."
Più volte Andreas Hofer e gli Schützen tirolesi
prima delle battaglie decisive parteciparono alla messa e si
comunicarono devotamente. Significativa una frase
pronunciata da Hofer prima della terza battaglia al monte
Isel: "Tirolesi, siete pronti? Allora diamoci da fare. Avete
ascoltato la messa, avete bevuto la vostra grappa, adesso
avanti nel nome di Dio!" Andreas Hofer promise anche
solennemente che i tirolesi avrebbero celebrato ogni anno la
festa del Sacro Cuore di Gesù se il paese fosse stato
liberato dal nemico. E subito dopo la seconda vittoria al
monte Isel ordinò l'introduzione di questa festa.
Dopo le varie vittorie i tirolesi si ricordarono sempre di
ringraziare il Signore per la sua assistenza. Si celebrarono
delle messe e si fecero delle processioni. L'Hofer, anche
nei momenti del massimo trionfo, non tralasciava di
attribuirne il merito a Dio. Molto famosa è la sua
frase pronunciata davanti alla folla che lo inneggiava ad
Innsbruck: "Non io, non voi, ma quello lassù!" In un
suo editto l'Hofer scrisse: "Semmai noi abbiamo sperimentato
la bontà indulgente e salvatrice di Dio verso di noi,
ciò fu certamente nella prima metà del mese di
agosto (1809), quando l'aiuto del Cielo ci strappò
così visibilmente dalle mani di un nemico che
crudelmente soggioga e che non rispetta né religione,
né trattati, né umanità." Anche verso
la fine dell'insurrezione, quando le sorti dei tirolesi
avevano già preso una brutta piega, Hofer era ancora
fiducioso che l'intervento divino potesse assecondare la sua
battaglia: " ... voi vedete, cari fratelli, che Dio ci ha
scelti come il suo popolo preferito e ci incita a battere
una nazione straniera, la più forte che è
sulla terra. Noi ci batteremo come i cavalieri antichi, e
Dio e la nostra Santa Vergine ci daranno la loro
benedizione..." "L'Hofer, come ha affermato abbastanza
spesso e insistentemente nei suoi editti, prese le sue
decisioni in vista di Dio e della fede. La convinzione
religiosa dei tirolesi era in certi casi talmente grande che
essi lottavano ad oltranza anche quando la disfatta era
ormai evidente. Erano talmente convinti di combattere per la
causa giusta che non potevano immaginarsi che il cielo li
abbandonasse nella loro "guerra santa". In questo senso la
convinzione religiosa troppo emotiva di alcuni capi
dell'insurrezione portò anche a conseguenze
tragiche.
LE DIRETTIVE RELIGIOSE E
MORALI DI ANDREAS HOFER
Molto eloquenti sono anche
le direttive religiose e morali che l'Hofer dettò
durante il suo governo ad Innsbruck. Dopo la sua terza
vittoria al monte Isel l'oste della val Passiria
s'insediò nella reggia della capitale tirolese e
impartì la sua "ordinanza dei costumi". Nel preambolo
di questa ordinanza tenne presente ai cittadini quanto Dio
aveva fatto per loro. Esortò la popolazione a
comportarsi secondo la volontà di Dio, altrimenti Dio
avrebbe punito ancora il paese a causa dei suoi peccati. Poi
il testo prosegue: "Noi dobbiamo cercare seriamente di
meritarci il suo paterno amore con pari amore mediante una
vita edificante, casta e pia, e come Egli comanda qual
Padre, mediante un vero e sincero amore del Prossimo; ed in
conseguenza bandire l'odio, l'invidia, la rapacità ed
ogni altro vizio; e prestare ubbidienza ai Superiori e
aiutare per quanto possiamo i nostri concittadini
angustiati; in generale poi evitare ogni scandalo." Nella
sua ordinanza l'Hofer menziona anche il seguente dettaglio:
"Molti dei miei buoni fratelli d'armi, e difensori della
patria si sono scandalizzati che le donne d'ogni condizione
coprano il loro petto e i loro bracci troppo poco ovvero con
pezze trasparenti, ed in conseguenza danno occasione a
stimoli peccaminosi, ciò che non può che
sommamente dispiacere a Dio, ed ad chiunque pensa
cristianamente. Si spera che al fine di tener lontano il
castigo di Dio, esse miglioreranno; in caso contrario
dovranno ascrivere a se stesse se in un modo loro sgradevole
verranno lordate di ..." In una seconda ordinanza Andreas
Hofer esprime alcuni divieti: non sono più permessi i
balli, tranne in caso di nozze; non si possono consumare
bevande e cibi nelle osterie durante le funzioni religiose
domenicali, eccetto i forestieri e i carrettieri che
arrivassero o che partissero o in caso di estremo bisogno.
L'ordinanza non tollera "l'andar vagando di notte tempo,
ciocchè disturba così spesso la pubblica
tranquillità, ed è tanto pericoloso alla
moralità..."
Un particolare interessante della seconda ordinanza emanata
da Andreas Hofer è anche il provvedimento riguardo ai
padri di figli illegittimi:
"Affinché poi i padri d'illegittimi fanciulli non
possano più per l'addietro così facilmente
scansarsi dal mantenimento, ed educazione dei medesimi a
danno dei fanciulli stessi, e dell'interesse pubblico, ed
acciò libertini e seduttori non possano così
agevolmente a spese altrui, e persino a spese delle
fondazioni destinate al mantenimento dei poveri, degli
ammalati ecc. trarre le femmine al male, viene ordinato, che
cominciando dal giorno d'oggi, tostoché una donna non
maritata diventa madre debba denunziare il padre del
fanciullo non solo al parroco, ma ben anche alla rispettiva
autorità, la quale farà tantosto chiamare il
padre denunziato, lo esaminerà, lo giudicherà,
obbligherà il reo ad adempiere i doveri di padre, e
lo condannerà secondo la gravità della
seduzione esercitata sulla femmina."
Alla fine dell'ordinanza si trova anche un ammonimento di
impegnarsi per la fede e la morale: "Finalmente vengono
seriamente avvertite tutte le Superiorità
ecclesiastiche e civili, che per l'avvenire memori dei loro
doveri e dell'autorità loro compartita cooperino
unicamente, onde bandire per ogni dove le immoralità,
ed i vizi, e promuovere la cristiana religione, e la
virtù."
Durante il suo governo ad Innsbruck l'oste del Sandhof
condusse una vita molto pia. Si alzava alle cinque e andava
a messa nel duomo di San Giacomo. Di sera si soleva pregare
a lungo. Un testimone oculare racconta: "Tutte le sere dopo
cena recita il rosario con i suoi ospiti e le guardie e
infine dice ancora un centinaio di Padre nostro in onore di
diversi santi. Chi capita a quest'ora deve associarsi alla
preghiera." Al muro dei refettorio fece appendere un
crocifisso e un'immagine della Madonna. Non permetteva che
si usassero termini ambigui in sua presenza. Una volta fu
testimone di un litigio fra due coniugi in presenza di due
inservienti che si concluse con lo scambio di volgari
espressioni fra i quattro. Allora Andreas Hofer intervenne
con un linguaggio piuttosto drastico: "Non vi vergognate,
voi porci?! Siete dei porci tutti e quattro! C'è
proprio motivo per litigare in questo modo? Siete dei bei
cristiani! Siete dei mascalzoni! Come fate voi a
confessarvi? Avanti, marsch! E se capitate ancora una volta
con simili porcherie, vi faccio arrestare tutti e quattro.
Via, marsch! toglietevi dai miei occhi, voi stomaci di
troia!" Anche in queste parole piuttosto rudi si manifestava
la dirittura inflessibile di Andreas Hofer.
L'ESORTAZONE DELLE TRUPPE
TRENTINE
Hofer dovette intervenire
anche contro gli abusi di alcune compagnie trentine che
lottavano con lui contro i francesi. Queste truppe erano
formate in parte da avventurieri che si coprirono di dubbia
gloria: i loro comandanti Dal Ponte e Garbini non agirono
sempre in sintonia con Hofer e vessarono i comuni e i
cittadini tramite requisizioni, saccheggi e l'imposizione di
tributi. (62) A causa delle lamentele giunte fino a
Innsbruck, l'Hofer redasse un proclama alla popolazione
trentina che rispecchia molto bene la rettitudine del suo
carattere:
Ai tirolesi italiani tanto amati! Con dispiacere sento che
siete stati trattati molto male dalle mie truppe. Ora invio
a voi, amati, cari e bravi compaesani e fratelli d'armi, una
proclamazione, affinché in futuro, tramite la
presentazione di essa, i ben intenzionati sappiano
salvaguardarsi dai malintenzionati. Il mio cuore sincero,
che pensa in maniera retta e onesta a tutti voi, detesta
bande di briganti e saccheggi, detesta le requisizioni e
l'impostazione di tributi, e ogni tipo di offese e pretese
nei confronti di coloro che hanno ceduto alle truppe i loro
alloggi. Nessuna di queste azioni infami trova posto nel mio
cuore patriottico.
Ogni bravo e onesto difensore della patria deve guardarsi
bene dall'insudiciare e offendere il suo onore e il suo
amore verso il prossimo, il che farebbe cadere su di noi la
riprovazione di Dio che ci ha protetto così
visibilmente e miracolosamente."
Queste righe fanno capire che Hofer non ammetteva nessuna
trasgressione che fosse contraria al buon senso umano e alla
morale cristiana. Forse questo "selvaggio" - come lo
giudicarono gli Illuminati di allora aveva una formazione di
cuore e una morale maggiore di tanti "lumi". Inoltre questo
testo fa anche capire che Hofer considerava "compaesani" e
"fratelli" i "tirolesi italiani".
LA CATTURA DI ANDREAS
HOFER
Nell'estate del 1809
Napoleone sconfisse l'esercito austriaco a Wagram. Nel
trattato di Schönbrunn il Kaiser dovette firmare un
armistizio che imponeva anche la resa e la sottomissione dei
tirolesi. Ma siccome l'imperatore poco prima di questo
trattato aveva assicurato a Andreas Hofer di voler
appoggiare la causa dei tirolesi, questi non volle credere
all'armistizio e diede ordine di proseguire con i
combattimenti. Allora Napoleone mandò nuove truppe
(in tutto 50 mila uomini) per espugnare la regione tirolese.
Da tutte le parti il Tirolo fu invaso dai nemici bavaresi e
francesi che saccheggiarono interi paesi e incendiarono
centinaia di masi. Hofer sperava ancora che l'imperatore
austriaco gli mandasse delle truppe in aiuto, ma il Kaiser
abbandonò i tirolesi al loro destino. A causa di
informazioni contraddittorie e dell'influenza negativa di
alcuni oltranzisti fanatici nelle proprie file, Hofer
divenne sempre più incerto sul da farsi. Il suo stato
d'animo era contrassegnato da momenti di ottimismo e slancio
e da momenti di pessimismo e disperazione. Cambiava
continuamente il suo parere a seconda dell'influenza
momentanea e dava ordini contraddittori. Infine i tirolesi
furono sconfitti al monte Isel. La disfatta fu totale e
Hofer dovette scappare. Assieme a sua moglie, suo figlio e
allo scrivano Sweth si nascose in una malga sopra San
Martino in val Passiria. Sarebbe potuto fuggire anche in
Austria, ma voleva stare vicino al suo popolo.
A causa dell'inverno le condizioni del soggiorno erano molto
dure. Ma più opprimente ancora era lo stato d'animo
di Hofer che si sentiva colpevole per la disgrazia dei suoi
compaesani. In una lettera indirizzata all'arciduca
Giovanni, che era un fratello dell'imperatore e un grande
amico dei tirolesi, si avverte tutto il suo tormento
interiore. Tra l'altro Hofer scrive che sarà
maledetto dai suoi compaesani anche dopo la morte. "Ma anche
questo lo sopporterei volentieri; temo soltanto il giudizio
severo di Dio, al quale dovrò rispondere per i miei
sudditi." La lettera porta la firma "il povero peccatore
abbandonato Andere Hofer."
Nella notte fra il 27 e il 28 gennaio 1809 un compaesano di
Hofer tradì il supremo comandante tirolese. Per una
taglia di 1500 fiorini il contadino Franz Raffl, che poi
venne chiamato il "Giuda del Tirolo", condusse i soldati
francesi alla Mähderhütte sopra San Martino.
Quando i soldati francesi ebbero circondato la capanna per
arrestare il comandante tirolese, questi aprì la
porta e chiese se qualcuno dei soldati parlasse in tedesco.
Allora si avvicinò a lui l'aiutante del generale
Baraguey d'Hilliers che sapeva il tedesco. Hofer si rivolse
a lui e disse: "Lei è venuto per arrestarmi; eccomi
qua. Fate di me quello che volete perché sono
colpevole; ma chiedo clemenza per mia moglie, mio figlio e
questo giovane uomo (si trattava di Sweth), perché
sono veramente innocenti." Hofer "nel momento del pericolo
non si era dimenticato di chi gli era caro ed anzi per loro
era stato il suo primo pensiero."
Ma i soldati non dimostrarono nessuna clemenza. Si
scaraventarono su di lui e lo maltrattarono. Legarono Hofer,
suo figlio e lo scrivano Sweth e li trascinarono verso la
valle. Durante la marcia i soldati maltrattarono Hofer con
pugni e calci e gli strapparono peli dalla barba per aver un
ricordo del "generale Barbou". Nelle memorie di Sweth, che
l'avrebbe accompagnato fino alla morte, si trovano le
seguenti righe: "Appena un quarto d'ora dalla capanna, noi
tre, e cioè Hofer, suo figlio e io, lasciammo delle
tracce di sangue sul nostro sentiero, perché al
nostro arresto non ci fu permesso di metterci le scarpe o
gli stivali e gli altri vestiti. Il nobile Hofer, dal volto
del quale scendeva il sangue e la cui barba era ridotta a un
ghiacciolo sanguinante, c'ispirava coraggio, guardando
devotamente verso il cielo stellato: 'Pregate', gridava a
noi, siate perseveranti, soffrite con pazienza e offrite le
vostre sofferenze a Dio, così potete anche espiare
una parte dei vostri peccati.' Così parlava ripetute
volte l'eroe cristiano che non era adirato contro i suoi
nemici, ma che sopportava con pazienza tutte le
sofferenze."
I prigionieri furono portati prima a Merano e poi a Bolzano.
A Bolzano Hofer dovette accomiatarsi da sua moglie e da suo
figlio.
IN VIAGGIO VERSO
MANTOVA
Il trasporto dei
prigionieri Hofer e Sweth proseguì verso Mantova
dov'era il quartier generale dei francesi. Per una notte i
due dovettero, fermarsi ad Ala.
Alcuni ufficiali francesi ammirarono il comportamento
semplice dignitoso dell'Hofer. Si ricordavano pure che
l'Hofer non aveva mai fatto passare per le armi i
prigionieri francesi. Essi cercarono di ottenere la grazia
per il comandante tirolese. Addirittura il viceré
d'Italia, il figlio adottivo di Napoleone, Eugene
Beauharnais, s'interessò personalmente per Hofer. Ma
Napoleone decise diversamente: "Figlio mio, ti avevo chiesto
di mandarmi Hofer a Vincennes. Ma poiché egli
è a Mantova, vi ordino di formare subito una
commissione militare per giudicarlo e farlo fucilare non
appena l'ordine sarà giunto. Che tutta la questione
sia sistemata entro 24 ore." Dopo quest'ordine di Napoleone
l'esito del processo ad Andreas Hofer fu chiaro fin
dall'inizio. Il suo difensore d'Ufficio fu Gioacchino
Basevi, un giovane avvocato ebreo che s'impegnò in
tutti i modi per ottenere l'assoluzione per il suo mandante.
Ma il tribunale militare condannò a morte
l'Hofer.
LA MORTE DI ANDREAS HOFER
Dopo la condanna alla sera
del 19 febbraio 1810 Andreas Hofer venne separato dal suo
compagno Sweth e condotto in un'altra cella. Si
confessò dall'arciprete Don Alessandro Borghi della
parrocchia di S. Michele che aveva l'incarico di
accompagnare all'esecuzione i condannati. Don Alessandro
ebbe però la sensibilità di chiamare un altro
sacerdote che sapeva anche il tedesco. Benché l'Hofer
sapesse discretamente l'italiano, sembrò giusto
all'arciprete che il condannato avesse un'assistenza
spirituale nella propria madrelingua. Così all'una di
notte subentrò Don Giovanni Battista Manifesti che
passò tutta la notte con Hofer e che il giorno
successivo lo accompagnò all'esecuzione. Verso le
cinque del mattino venne un ufficiale francese che
comunicava ufficialmente a Hofer la condanna a morte e
l'esecuzione. Hofer ebbe ancora il tempo e la forza psichica
per scrivere ad alcune persone. Scrisse anche una lettera al
suo amico Pühler a Egna nella quale dava alcune
direttive: "Carissimo signor fratello, è stata la
volontà di Dio che io debba qui a Mantova fare il
cambio del temporale con l'eterno, ma per merito della
grazia divina mi sembra una cosa così facile, come se
venissi condotto a un'altra meta (non all'esecuzione). Dio
mi concederà anche la grazia fino all'ultimo istante,
affinché io possa arrivare fin là dove la mia
anima con tutti gli eletti potrà rallegrarsi in
eterno, e dove potrò intercedere per tutti presso
Dio..."
L'Hofer chiede che venga celebrata una messa e che si preghi
per lui, ordina il pasto che si deve offrire ai partecipanti
al suo funerale. Scrive di aver dato ai poveri tutto il
denaro che aveva con sé. Esorta l'amico a regolare
bene i conti con i suoi creditori per non dover soffrire nel
purgatorio. Infine prega l'amico di consolare sua moglie e
si accomiata dall'amico e dalla vita terrena: "Arrivederci
in questo mondo finché ci incontreremo nel cielo dove
loderemo Dio senza fine. Addio, mio mondo meschino, mi
sembra così facile la morte che non mi si bagnano
nemmeno gli occhi; scritto alle cinque della mattina, alle
nove coll'aiuto di tutti i santi viaggio verso Dio -
Mantova, lì 10 februari 1810 - tuo Andere Hofer da
Sand in val Passiria che hai amato nella vita - nel nome del
Signore voglio intraprendere questo viaggio con Dio."
Erano quasi le undici del 20 febbraio 1810, quando Andreas
Hofer venne condotto all'esecuzione. Sulla strada c'era
tanta gente che esprimeva la sua simpatia per il "generale
Barbone". Fra la folla c'era anche il suo difensore,
l'avvocato Basevi:
"Mai ho visto tra il pubblico di un'esecuzione tanta sincera
emozione e tanta indignazione. Dalla folla si sono levate
grida contro i francesi ed i loro lacchè del
cosidetto Regno Italico.
Quando il martire è passato davanti alle casematte di
Porta Molina molti compagni di Hofer colò tenuti, e
fra gli altri Gaetano Sweth, che ha condiviso con lui gli
ultimi e più tristi mesi, si sono inginocchiati
invocando la sua benedizione, ma egli si è limitato
ad un cenno di saluto ed ha indicato il cielo e il sacerdote
al suo fianco, quasi per significare che solo questi aveva
il potere di benedire.
L'Hofer si presentò al plotone d'esecuzione. Fra le
sue mani teneva un crocifisso ornato da un mazzetto di
fiori. Non volle la benda davanti agli occhi, ma
guardò coraggiosamente verso i fucili. Pregò i
soldati di mirare bene. L'ufficiale Eiffes non ebbe l'animo
per dare il comando dell'esecuzione; allora fu lo stesso
Hofer a gridare "Fuoco". I soldati, commossi anche loro,
spararono male. Infine l'ufficiale Eiffes dette a Hofer il
colpo di grazia. Dopo la morte si celebrarono le esequie
nella chiesa di San Michele. La sepoltura avvenne nel
piccolo cimitero adiacente alla chiesa."
Inno al S. Cuore composto nel primo centenario