La verità è più forte dell'uomo

Testimonianza di S. E. Mons. Frane Franic già Arcivescovo di Split (Trascrizione di A. Bonifacio)
(Fonte: bollettino del giugno-luglio 1990)

Nel 1948 Stalin lanciò l'Associazione professionale dei preti, che qui era più conosciuta come Movimento dei preti patriottici: in Cecoslovacchia, Ungheria, e anche in Jugoslavia, ovunque c'era la Chiesa Cattolica oppure Ortodossa. Essa fu istituita anche in Cina. In Polonia, come altrove, la Chiesa fu molto danneggiata da questo movimento.
Io fui consacrato Vescovo nel 1950 ad appena 38 anni di età, e i comunisti di Spalato pensavano che avrei potuto portare avanti le loro idee; pensavano di conquistarmi perché vedevano che ero senza esperienza e che per natura non ero battagliero, ma amavo piuttosto un dialogo amichevole. Durante la guerra ero stato cappellano delle carceri in Spalato, dove erano imprigionati in gran numero i comunisti e anche i patrioti croati non comunisti.
Ogni domenica, prima della Messa, confessavo i prigionieri: chi aveva fede si confessava, gli altri venivano per dialogare come amici. Naturalmente io ricevevo anche questi uomini e portavo le loro lettere ai parenti e forse, indirettamente, anche al partito; ero insomma il confidente di questi partigiani che spesso finivano alla fucilazione o all'impiccagione. Allora ho lasciato un buon ricordo. Lo facevo solo per una compassione umana e cristiana. Davo loro anche qualche cosa: mi facevano una grande pena.
Vedevo che erano molto idealisti: pensavano che, distrutto il capitalismo, sarebbe venuta l'era di una giustizia sociale assoluta, senza religione e senza Dio; che avrebbe regnato la giustizia, la pace e l'amore fra tutti gli uomini e tutti i popoli. Andavano a morire per il loro ideale, e io li stimavo.
Il dialogo con loro era quindi già aperto da quegli anni, così che quando fui nominato Vescovo, mi dissero che presto avrei dovuto decidere di essere o con Roma o staccato da Roma. E dicevano: «Come noi abbiamo rotto le nostre relazioni con Mosca, così speriamo che lei rompa le relazioni con Roma; perché noi possiamo mettere un nostro patriarca a Zagabria e fare una chiesa croata». Io risposi che una cosa è la politica e un'altra cosa è la religione. Così nell'autunno del 1952 i vescovi jugoslavi all'unanimità, sotto l'influenza dell'Arcivescovo di Zagabria, Luigi Stepinac, allora non ancora cardinale, la cui memoria è venerata come quella di un santo, proibirono questo movimento, perché vedevano dove avrebbe condotto...
Io a Spalato ero Vescovo ausiliare, ma avevo pieni poteri, perché il Vescovo era molto anziano e malato. Compresi che bisognava essere fedeli a Roma, altrimenti sarei stato un traditore, magari nascosto, facendo la stessa fine dei Vescovi e sacerdoti cinesi. Allora io, con la mia responsabilità personale, applicai quel divieto della Conferenza Episcopale aggiungendo severe sanzioni: chi entrava nel «movimento» veniva sospeso a divinis, cioè dall'esercizio del sacerdozio. Purtroppo questo movimento dei sacerdoti patriottici c'è ancora; soltanto nella Dalmazia non ha preso piede. Dopo questa presa di posizione, i rapporti si inasprirono.
Nel luglio 1953, nel decanato di Neretva, uomini armati volevano portarmi via, ma il popolo mi difese e i sacerdoti furono tutti con me. Vennero 600 uomini armati con mitragliatrici per circondare la casa parrocchiale dove mi trovavo, perché temevano il popolo: proprio come in una guerra contro un solo uomo. Era di notte, e mi chiesero di uscire, altrimenti sarebbero entrati con la forza senza garantire niente e nessuno. Mi consigliai con i sacerdoti, ed uscii.
Era la polizia. Consegnai la mia carta d'identità ed essi mi portarono a Makarska. Qui le cose andarono peggio, e pensai che mi avrebbero ucciso...
In quegli anni per visitare la diocesi non avevo mezzi privati, ma non potevo nemmeno utilizzare i mezzi pubblici, perché non mi lasciavano salire; allora andavo a piedi, camminando anche otto ore al giorno, sempre accompagnato da un gruppo di sacerdoti, che dicevano: «Andiamo a morire con lui». Eravamo «uno», come dice San Paolo, perché si trattava o di restare fedeli o di tradire la Chiesa.
Queste persecuzioni continuarono fino al 1960. Io ero sempre bersaglio di pomodori o di uova. Fui anche battuto apertamente sulla strada. Facevano di tutto per impaurirmi. Una
volta che mi presero avevano della benzina, per cui io raccomandai la mia anima al Signore. Invece non mi fecero niente. Più che altro cercavano di farmi perdere la buona fama tra la gente e di mettermi paura. Invece ottenevano un effetto contrario: il popolo infatti era sempre più con noi. Per mia vergogna però non sono mai stato in prigione: mi dispiace!
La Jugoslavia, con tutti i suoi popoli così diversi per storia, cultura, tradizione, lingua e religione, mi sembra più simile alla Russia che agli altri stati dell'Est dell'Europa. In Jugoslavia ci sono 4 milioni di musulmani, 9 milioni di ortodossi, 7 milioni di cattolici e 2 milioni di comunisti, che oggi non credono più al sistema, alla filosofia e alla politica del marxismo. Si sono convinti loro stessi che tutto questo è crollato, perciò oggi possono avere una apertura almeno verso un umanesimo, una libertà umana: questo può essere un primo passo verso la realizzazione della profezia della Madonna a Fatima, che la Russia si convertirà, e con essa anche gli altri Stati suoi dipendenti. Perciò mi sembra che adesso l'Europa occidentale e la Chiesa cattolica hanno una grande responsabilità, e io vedo in questi cambiamenti un richiamo forte e nuovo della Madre celeste, del suo Cuore Immacolato e misericordioso, che a Fatima e a Medjugorje, come Regina della Pace, esorta alla riconciliazione, al perdono universale.
Vedo un forte richiamo per noi stessi alla conversione, perché non possiamo ancora prevedere che cosa succederà quando l'Europa dell'Est, con gli Ortodossi, con tanti atei e comunisti disorientati, si unirà con l'Europa occidentale, dove ci sono altrettante correnti e altrettanto disorientamento.
Come finirà tutto questo movimento nell'Europa unita? Può saperlo soltanto lo Spirito Santo. Il nostro dovere e la nostra massima responsabilità in questo momento è la conversione personale: così possiamo collaborare per questa pace che è promessa all'Europa e al mondo, almeno per un periodo, come ha detto la Madonna a Fatima. La pace! La pace di Cristo e di Maria, Regina della Pace! Essa comincia a realizzarsi come la Regina della Pace promette a Medjugorje, come aveva promesso a Fatima e anche a Lourdes, richiamandoci alla conversione. In quel lontano 1859, quando incominciò l'ateismo europeo, la Madonna aveva già ammonito che dobbiamo convertirci a Dio.
Tutto questo vale per noi cattolici: vescovi, sacerdoti o laici impegnati nell'apostolato della Chiesa. E in più dobbiamo anche perdonare ai comunisti che ci hanno così maltrattati. Nella sola diocesi di Spalato, durante la guerra e immediatamente dopo la guerra, quando da noi c'era anche la guerra civile, sono stati uccisi quaranta sacerdoti. Quasi tutti furono uccisi dalle formazioni partigiane comuniste. A Spalato hanno chiuso due Seminari, il maggiore e il minore, per sei anni. Qualcuno vorrebbe fare giustizia perché molti di quegli uomini che uccidevano sono vivi ancora oggi e godono di una buona pensione. Ma questa vittoria a cui assistiamo — il crollo del comunismo — è la vittoria della Madre. Ora la Madre ama tutti i figli, anche i più ammalati spiritualmente, i più grandi peccatori. Perciò noi predichiamo che bisogna perdonare a tutti e che bisogna arrivare ad una riconciliazione nazionale tra i comunisti, i credenti e i non credenti in ogni nazione, e anche tra le nazioni. La Jugoslavia è minacciata da questi attriti tra le diverse nazionalità, essendo una confederazione. Però la nazione relativamente un po' più numerosa, la Serbia, e una certa corrente dei politici serbi, vorrebbe fare uno Stato centralizzato e abbattere i confini federali che finora hanno protetto queste diverse nazioni, dando una certa libertà di sviluppo e di cultura, così da permettere un'unità nel pluralismo. Questa unità nel pluralismo è l'unico sbocco possibile per la complessa situazione Jugoslava...
Questa errata politica dei Serbi è una minaccia, e dobbiamo pregare molto che non si verifichi...
In Jugoslavia si profila un partito guidato da un vecchio generale comunista, amico di Tito, che si è un po' convertito. Tutti i maggiori nomi nei partiti sono dei comunisti delusi dal marxismo orientati verso la libertà e l'umanesimo. Qualcuno di loro è anche diventato cristiano e frequenta la Messa. Questa riconciliazione nazionale tra la Croazia, la Slovenia, la Macedonia, la Bosnia-Erzegovina, ecc., dipende da questa rivoluzione che chiamo «materna», di Maria, nella riconciliazione, nel perdono.
Il generale che faceva la guerra con Tito quanti ne ha uccisi! Ma adesso è un altro uomo. Avevano una convinzione, hanno fatto dei crimini... D'altra parte crimini simili li hanno fatti anche i Croati di destra durante la guerra civile. E anche i Serbi avevano i loro partigiani nazionalisti che uccidevano soprattutto nella Dalmazia in Erzegovina e in Bosnia. E i Musulmani, che allora si erano dichiarati Croati, facevano a loro volta stragi dappertutto anche nella mia diocesi tagliando le gole, secondo il loro uso. In che modo allora possiamo fare giustizia?
Bisogna perdonare! Questo è più semplice, e così vuole la nostra Madre. E io ora sto — si può dire — consolando i comunisti, perché sono minacciati dalla disperazione e vengono da me a parlare, anche quelli un po' in vista. Io dico loro: «Voi siete stati degli idealisti. Avete sbagliato pensando di imporre i vostri ideali in fretta e con la violenza, tagliando le teste di chi non accettava questa vostra dottrina che ora è diventata banale e disprezzata anche da voi. Avete sbagliato la strada, e adesso vedete che senza la libertà non c'è una riforma e che non si può creare un uomo nuovo. Allora ritiratevi un po' e incominciate di nuovo, con la libertà e con l'amore, a predicare i vostri ideali umanistici. Se qualcuno di voi si converte al cristianesimo, tanto meglio. Io vorrei che voi foste tutti cristiani e cattolici, ma io rispetto la libertà di ciascuno e il vostro umanesimo; così anche voi dovete rispettare ogni religione. Così facendo, lavoreremo per il bene del nostro popolo e di tutti i popoli». Così sto consolando questi comunisti, perché mi sento padre di tutti questi uomini: io sono inviato da Dio per tutti. Voglio aiutarli a sollevarsi. Se Dio dà la luce, potranno anche convertirsi e vedere che Dio è la sorgente della libertà, dell'amore e della giustizia. Ma non possiamo imporre niente. II Signore ha rispettato la libertà degli uomini, così dobbiamo fare anche noi. E perdonare: questo è essenziale.
La Madre, che ha provocato questo cambiamento, non può accettare che i figli siano divisi, si combattano e si uccidano: lei corre a salvarli. E a Medjugorje, dove i politici che comandano sono comunisti, il paese è cattolico e tutto intorno sono i musulmani e anche gli ortodossi, la Madonna predica l'amore tra tutti gli uomini.
Mercoledì 7 febbraio 1990 ero all'udienza pontificia con numerosi vescovi venuti da ogni parte del mondo. Cinque erano croati, tra cui Mons. Komarica, Vescovo ausiliare di Banja Luka, presidente della Commissione per Medjugorje nominata dalla Conferenza Episcopale Jugoslava. Egli chiese al Santo Padre una benedizione per i lavori della sua Commissione.
Il Papa, un po' pensoso e lentamente, disse: «Io prego ogni giorno nella Santa Messa per Medjugorje».
Il Santo Padre affida lo studio del caso alle commissioni, ma privatamente si è espresso in modo favorevole, come ad esempio, quando vennero quei Vescovi con un gruppo di sacerdoti dal Brasile per fare gli esercizi spirituali a Medjugorje. Allora chiesero al Santo Padre se potevano andarvi. Egli rispose: «Ma che cosa si fa a Medjugorje? Si prega, si ascolta la Messa e la Parola di Dio, la gente si confessa, si comunica, digiuna e si converte, tutte cose buone. Allora perché proibire di andare? Andate pure». Anche a un gruppo di Vescovi d'Abruzzo, come mi ha riferito Mons. Jannucci di Pescara, disse quasi le stesse parole. Conoscendo l'animo del Santo Padre, che è tutto mariano, io sono convinto che segue Medjugorje con amore.
Per quanto riguarda me, a Medjugorje ho sentito qualche cosa nel cuore, e chi ha esperienza può capirmi. Ho veramente sentito in quel luogo un grande invito a diventare migliore, a convertirmi. C'è chi si contenta e dice: «Io sono buono, io sono predicatore, io insegno agli altri». Ma questa esperienza religiosa della presenza di Dio, dello Spirito Santo, di questo richiamo alla conversione, alla comunione con Dio e con gli uomini nell'amore, io l'ho sentito, e quando torno a Medjugorje mi sento meglio.

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