I veggenti: ponti tra due realtà

di René Laurentin

Se una persona dell'aldilà comunica, il veggente capta la comunicazione secondo le sue risorse e ne parla secondo il suo linguaggio limitato.
Le apparizioni non hanno quindi la funzione di consegnarci l'assoluto, ma una limitata comunicazione. A questo riguardo le parole del veggente non sono la Sacra Scrittura, né trasmettono la Parola di Dio. Un veggente fornisce un'eco filtrata, limitata e condizionata delle comunicazioni di Dio, ma senza beneficiare della garanzia dei redattori ispirati che hanno scritto la Bibbia.Bollettino
Se bisogna riconoscere la relatività delle apparizioni, non bisogna però esagerarla. Per gli autentici veggenti le apparizioni sono un incontro personale e hanno un'evidenza più coinvolgente di ogni altra. «Io vedo: non posso dire il contrario» ripeteva Bernadette davanti alle minacce del commissario e dei giudici. Dopo l'estasi ritornano nel mondo ordinario come dal più reale al meno reale, dalla pienezza alla banalità. È esattamente il contrario del risveglio, dove il reale cancella l'inconsistenza del sogno: i veggenti ritornano alla vicissitudine di un mondo incerto nel quale vivono come ognuno di noi.
Se bisogna riconoscere quanti problemi enigmatici sorgono attorno alle apparizioni, questo non è un motivo sufficiente per rifiutarle, perché tutto è enigmatico quaggiù dove tutto è sottomesso alle leggi del divenire; l'uomo naviga nell'enigmatico dalla nascita alla morte.
La Chiesa perciò non attribuisce infallibilità al suo giudizio sulle apparizioni. Quando riconosce l'autenticità di una apparizione non dice: «La Vergine appare qui, è sicuro e siete obbligati a crederlo». Dice: «Avete questa e questa ragione di crederci. È beneficio fruttuoso, vi invitiamo a crederci, ma senza obbligo di fede». Per lo stesso motivo i papi hanno costantemente evitato di essere giudici delle apparizioni e lasciano questo fenomeno all'autorità locale, anche quando l'avvenimento assume una portata universale.
In questo caso i papi non esitano a confermare il giudizio del vescovo del luogo, ad incoraggiare coloro che frequentano i luoghi delle apparizioni, vi si recano essi stessi, come Paolo VI e Giovanni Paolo II a Fatima, come Giovanni Paolo II a Lourdes, ma assolutamente non impegnano in modo formale l'infallibilità della Chiesa. Le apparizioni non hanno quindi la certezza propria dei dogmi della fede. Il dogma e le apparizioni non si collocano quindi allo stesso livello della fede.
I veggenti sono un canale più o meno fragile, più o meno puro. I loro messaggi non sono una parola di Dio, come la Bibbia: è importante sottolineare la differenza. Non sono affatto infallibili, come invece lo sono gli insegnamenti solenni del Papa quando parla ex Cathedra.
Nell'enigmaticità delle apparizioni, l'elemento è particolarmente ambiguo e soggetto ad illusioni ottiche. La vicinanza del regno di Dio verso il quale camminiamo, lo fa sembrare prossimo a chi si slancia ardentemente verso questa meta, come la cima della montagna sembra prossima — quasi da toccare — per chi inizia una lunga e laboriosa scalata, dove spesso perderà di vista la cima. Il termine al quale Dio ci invita è costantemente imminente. Ciò che è imminente sembra prossimo. Nella più antica delle sue epistole, Paolo pensava di vedere il ritorno di Cristo prima della sua morte (1 Ts 4, 17).
Non ci dobbiamo stupire se i veggenti siano vittime della stessa illusione ottica. Anche se attraverso di essa viene stimolato l'ardore e la vigilanza, ci dobbiamo guardare bene dal considerare l'imminenza come una prossimità nel tempo. A Medjugorje la comunicazione con il normale mondo esterno viene interrotta per lasciare spazio soltanto all'apparizione. Allora è tutto un sogno? No. Le prove scientifiche provano che non si tratta di sogno, ma di vere estasi. Inoltre i veggenti percepiscono la Vergine come una realtà più reale e più evidente di quella del mondo dove vivono. La fine dell'apparizione non costituisce per loro un risveglio, un ritorno alla realtà, ma il ritorno ad un'altra realtà, ben diversa dalla vera realtà che hanno visto.
Le «comunicazioni» che ha il veggente sono evidenti per lui, ma egli viene sopraffatto da questo mistero. Non è la persona più adatta ad interpretarlo. Le manifestazioni di Dio quali apparizioni e miracoli restano misteriose, anche per il veggente, che non può rendersene pienamente conto. Lo superano e superano il suo linguaggio. Mettono in imbarazzo soprattutto i testimoni esterni: fedeli, esperti di varie commissioni, vescovi, ai quali non è data questa esperienza e che la studiano brancolando, dall'esterno, come dall'altra parte di un muro. Dio infatti si manifesta quaggiù non in piena evidenza, ma in un chiaro-scuro. Queste manifestazioni sensibili, talvolta eclatanti, non forniscono alcuna certezza geometrica, si prestano ad obiezioni, non sono mai prove assolute. Non forzano la libertà, non la eliminano, nemmeno in casi straordinari come quello di san Paolo folgorato sulla strada di Damasco. Sono segni d'amore. Felice chi lo comprende e in questo modo sperimenta la presenza e la potenza di Dio, la vicinanza a noi di Cristo e di sua Madre.

Fonte

Discorso di Laurentin all'incontro di Desio del 8 e 9 ottobre 2011

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