La gioia

Per questo motivo l’Apocalisse di Giovanni, benché pervasa da continui riferimenti a sofferenze, tribolazioni e pianto — la faccia oscura della storia —, è altrettanto permeata da frequenti canti di lode, che rappresentano quasi la faccia luminosa della storia. Così, per esempio, vi si legge di una folla immensa, che canta quasi gridando: «Alleluia! Ha preso possesso del suo Regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello, e la sua sposa è pronta» (Ap 19, 6-7). Siamo qui di fronte al tipico paradosso cristiano, secondo cui la sofferenza non è mai percepita come l’ultima parola, ma è vista come punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa è già misteriosamente intrisa della gioia che scaturisce dalla speranza. Proprio per questo Giovanni, il Veggente di Patmos, può chiudere il suo libro con un’ultima aspirazione, palpitante di trepida attesa. Egli invoca la venuta definitiva del Signore: «Vieni, Signore Gesù!» (Ap 22, 20). È una delle preghiere centrali della cristianità nascente, tradotta anche da san Paolo nella forma aramaica: «Marana tha». E questa preghiera «Signore nostro, vieni» (1 Cor 16, 22) ha diverse dimensioni. Naturalmente è anzitutto attesa della vittoria definitiva del Signore, della nuova Gerusalemme, del Signore che viene e trasforma il mondo. Ma, nello stesso tempo, è anche preghiera eucaristica: «Vieni Gesù, adesso!». E Gesù viene, anticipa questo suo arrivo definitivo. Così con gioia diciamo nello stesso tempo: «Vieni adesso e vieni in modo definitivo!». Questa preghiera ha anche un terzo significato: «Sei già venuto, Signore! Siamo sicuri della tua presenza tra di noi. È una nostra esperienza gioiosa. Ma vieni in modo definitivo». E così, con san Paolo, con il Veggente di Patmos, con la cristianità nascente, preghiamo anche noi: «Vieni, Gesù! Vieni e trasforma il mondo! Vieni già oggi e vinca la pace!». Amen!

Benedetto XVI


Dall’ “Udienza generale, Mercoledì, 23 agosto 2006”, tema: Giovanni, il veggente di Patmos