Apparizioni, miracoli e... confusioni
di Leone Dogo

C'è una legge sapientissima e sottilissima che governa tutto il mondo complesso e affascinante dei miracoli e delle apparizioni, quando sono di origine divina. Cercare di indagarla — con tutto il sacro rispetto che è dovuto alle cose divine, e al mandato della Chiesa in questa materia — può essere utile per non lasciarsi coinvolgere nello scandalismo epidermico delle labili polemiche, nella babele delle opinioni e delle contraddizioni, e quindi nella confusione e nello scoraggiamento.


«Come mai — si sente dire, o si legge qua e là — se è veramente la Madonna colei che appare nel tal luogo, essa non dà subito e a tutti un chiaro e inequivocabile segno della sua Presenza, cioè della sua Identità celeste? Come mai segni e miracoli (che peraltro non mancano) risultano "validi" per taluni, ma sono contestati da altri, che pure si dichiarano 'credenti'? Come mai il vescovo X si dice pienamente convinto, mentre il vescovo Y parla di "allucinazioni"? Come mai la Chiesa tarda tanto nel decidere, al punto che l'ultima apparizione ufficialmente riconosciuta (Banneux) risale a 53 anni fa, mentre si sono praticamente ignorate decine di successive apparizioni in Italia e all'estero (Amsterdam, Marienfried, Turzowka, Garabandal...) che pure hanno suscitato maree di fede e di entusiasmo in folle innumeri di pellegrini?».
Sono obiezioni che poi si riflettono anche nei mezzi di comunicazione di massa, nella stampa e nell'editoria cattolica (sorvoliamo sulla superficialità e sulle facili ironie dei "mass media" laici), dove c'è chi si schiera da una parte e chi dall'altra, alimentando e aumentando la confusione complessiva.

Evidentemente tutto questo ha qualcosa di sbagliato nel punto di partenza.
Per conto nostro, il punto di partenza che può collocarci nell'ottica giusta è quello della apparente assenza di Dio nelle cose di questo mondo, contemporaneamente all'apparente autonomia del mondo umano e naturale; "assenza" ed "autonomia" volute da Dio stesso e indispensabili perché si realizzi la condizione di prova della libertà dell'uomo sulla terra (fondamento morale di ogni esperienza religiosa).
La "prova morale" della creatura è certamente necessaria. Gli Angeli stessi non vi si sottrassero. Perfino Gesù, in quanto "vero uomo", vi si sottopose (le tentazioni nel deserto).
Durante il tempo di prova è certamente necessario che Dio "si ritiri" per lasciarci liberi nelle nostre scelte; altrimenti la prova stessa non potrebbe avvenire.
Vivendo dunque in questa «apparente assenza di Dio» e in questa provvisoria «autonomia dell'uomo», il rapporto fra Dio e uomo sulla terra si baserà essenzialmente sulla Fede, che tante volte nel Vangelo viene indicata come condizione indispensabile della salvezza. Fede intesa non come semplice atteggiamento mentale, ma come adesione vitale, come risposta positiva alla grande domanda posta a ciascuno dalla prova. In sostanza, fede che significa vivere nell'apparente assenza di Dio, come se Dio fosse presente (e lo è!).
Apparizioni e miracoli sono deroghe concesse dalla misericordiosa Sapienza di Dio alla oscurità della Fede; aiuti alla nostra umana debolezza; luci che ci indicano il cammino. La Scrittura e tutta la storia della religione rivelata, da Abramo ai nostri giorni, ne sono piene: ma non dobbiamo dimenticare che apparizioni e miracoli restano "eccezioni". Senza la Fede non ci si può salvare, senza le apparizioni e i miracoli ci si potrebbe salvare. Gesù ha detto: «Beati coloro che non hanno veduto e hanno creduto».
Apparizioni e miracoli non hanno lo scopo di rendere inutile la Fede, ma di aiutarla. Per ottenere tale scopo, senza esautorare la Fede, dovranno essere governati con sottilissima e sapientissima discrezione e misura, che può provenire solo da Dio e di cui può essere giudice in ultima istanza solo la Chiesa. Ciò spiega le tante ambiguità e contraddizioni di origine puramente umana e la confusione che può derivarne. Per chiarire meglio questi concetti vorremmo ora sviluppare brevemente alcuni punti ad essi relativi.

1. Già nei primi capitoli della Genesi troviamo la spiegazione esauriente dell'apparente assenza di Dio nelle cose di questo mondo. Adamo ed Eva, al momento della prova, e della colpa, sono lasciati soli. Soli col Serpente. Dio, prima della colpa, li gratificava della sua presenza e amava intrattenersi con loro, come un padre che si intrattiene con i figli. Ma nell'ora decisiva scompare... per ricomparire subito dopo, quando il peccato è già avvenuto, e rimproverarli di quello che avevano fatto. Se Dio fosse stato presente, Adamo ed Eva non avrebbero dato ascolto al Tentatore e la colpa non sarebbe stata commessa. Ma in tal caso sarebbe mancata quella prova della libertà morale nella scelta fra il Bene e il Male (cioè, fra Dio e Non-Dio), necessaria al compimento del loro destino eterno. Essi avrebbero dovuto comportarsi nell'apparente assenza di Dio come se Dio fosse presente; invece, fecero il contrario. Usarono in senso negativo della loro autonomia, della loro libertà. Le conseguenze le sappiamo.
Queste condidizioni si ripetono per ogni uomo di fronte alla morale alla quale viene chiamato: con l'aggravante dell'onerosa eredità del peccato originale, ma insieme con la radiosa realtà della Redenzione operata da Cristo per tutti i credenti in Lui e per tutti «gli uomini di buona volontà».

2. Il concetto dell'apparente assenza di Dio dal mondo, del Deus absconditus, e il rapporto di pura Fede che ci unisce a Lui nel tempo, ha infinite eco scritturali ed è magnificamente sintetizzato da Paolo: «Quaggiù vediamo Dio come in uno specchio e attraverso un enigma, ma nell'eternità Lo vedremo faccia a faccia» (I Cor, 13, 12). Il momento culminante di tale "Assenza" coincide con la morte di Gesù sul Calvario e con il grido che, lanciato dalla Croce, penetra e trafigge i cieli: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». In quel momento l'assenza di Dio sembra ripercuotersi perfino nel mondo fisico, con l'eclisse che oscura il sole dal mezzogiorno alle tre pomeridiane, con il terremoto che scuote Gerusalemme e squarcia dall'alto in basso il velo del Tempio. La risposta di Dio alla terribile domanda del Figlio morente viene dopo tre giorni ed è la Resurrezione.
Ogni uomo è chiamato a rivivere questo momento angoscioso nella sua esperienza personale, nell'attimo della morte, allorché è ridotto a povertà assoluta e la vita — dono del Dio che solo è la Vita — fugge stilla a stilla dalle sue vene. È il culmine della prova della Fede, allorché la Fede si trasforma unicamente in Croce. Allora la Fede non consiste più nel vivere, ma nel morire nell'apparente assenza di Dio come se Dio fosse presente (e lo è!).

3. Se dunque la Fede è la condizione normale e necessaria della nostra esistenza quaggiù, si intuisce che anche i fenomeni detti "apparizioni" e "miracoli" devono sottostare a questa regola voluta da Dio. Con una sola Apparizione della sua gloria infinita, con un solo grandioso miracolo, l'Onnipotenza divina potrebbe convertire in un attimo tutti gli uomini che sono sulla terra. Ma quale valore avrebbe questa "conversione forzata", che d'altra parte renderebbe superflua la Fede? Verrebbe a mancare l'elemento di prova legato alla nostra autonomia nella scelta del Bene e del Male perché tutti si sentirebbero costretti a scegliere il Bene. In tal caso, Dio ci avrebbe creato direttamente in paradiso, già salvi e beati... ma non "santi", perché non avremmo avuto modo di esercitare la nostra libertà; quindi, «non simili a Lui», che è il tre volte Santo! Fa meraviglia che ci siano persone di fede e perfino appartenenti a comunità religiose, che ignorano questi rudimenti teologici; come quel tale che osa affermare (ci viene riferito per lettera) che lui non può credere ai miracoli di Lourdes «finché non avrà visto coi suoi occhi un braccio mutilato ricrescere attaccato alla spalla e completo di muscoli, pelle, ecc.». Ci si domanda se costui può allora credere ai miracoli di Gesù nel Vangelo, il quale non operò mai grossolani prodigi di questo genere. Nell'operazione di autentici miracoli (e gli annali religiosi ne sono pieni) troviamo sempre una sapientissima discrezione o "misura", sicché nessuno sia costretto a credere se proprio non lo vuole, e a nessuno manchino i motivi sufficienti per credere se ha fede in Dio.

4. Lo stesso discorso vale anche per le Apparizioni autentiche, a cominciare da quelle mariane, che hanno tracciato un solco così profondo e fecondo di fede e di devozione durante ben diciassette secoli di storia in tutti i paesi del popolo di Dio, al di qua e al di là dei monti e dei mari. Nessuna fu mai così "perentoria" da costringere tutti a credere e da imporsi d'autorità all'attenzione della Chiesa, neppure quelle più famose e venerate: Fatima attese 13 anni prima di ottenere il riconoscimento di un culto diocesano locale; la Madonna di Guadalupe, pilastro della religiosità popolare messicana, pazientò sorridendo addirittura un secolo (1531-1631)! Ma tutte seminarono inestimabili frutti di bene e di salvezza in generazioni e generazioni di umili credenti e in folle innumerevoli di pellegrini. Medjugorje, oggi, insegna... Il fatto è che Dio non vuole imporre a nessuno la sua salvezza per forza, ma essere liberamente "scelto" e amato di puro amore. E la Madonna pure.

5. La verità è che, per chi veramente ha la Fede, di miracoli e apparizioni ce ne sono anche troppi; per chi manca di fede, nessun miracolo sembra sufficiente e tutte le Apparizioni sembrano criticabili (il che, purtroppo, si verifica anche fra "cattolici"). Miracoli e Apparizioni sono "teofanie" limitate nel tempo e nello spazio, con le quali il "Deus absconditus" che sta nei cieli, cerca di facilitare il nostro faticoso cammino verso di Lui senza peraltro sopprimere, come dicevamo, l'indispensabile necessità della Fede.
Egli dunque agisce nelle nostre anime con ineffabile "discrezione" divina, che ha il suo capolavoro in quel miracolo di tutti i miracoli che è l'Eucaristia. È per così dire un "miracolo rovesciato", che trasforma l'Essere infinito in un umile pezzetto di pane per il nostro nutrimento. Il "Dio nascosto" — il Dio che si nasconde per amore, per farsi trovare — non poteva trovare nascondiglio più perfetto di questo, dove solo la Fede pura può raggiungerlo. Quale semplicità nel prodigio eucaristico, quale povertà, quale umiltà: più ancora che nella grotta di Betlemme, dove un Bambino vagiva nella mangiatoia! È questo dunque lo "stile" delle operazioni di Dio fra gli uomini; e sarebbe strano che un riflesso di questo "stile" divino non sia presente anche nei miracoli e nelle apparizioni che vengono da Lui. Non stupiamo se questi doni preziosi sono circondati di umiltà, se non si sottraggono alle contraddizioni e alle critiche umane, se evitano i vani clamori. Attraverso questi doni elargiti alla nostra fede, in momenti particolari, Dio continua a parlarci con voce sommessa, che giunge al midollo dell'anima. A noi non resta che pregare e attendere.
Oggi la psicanalisi fa moda. Non può quindi essere assente da Medjugorje. E sia benvenuta, purché sia davvero analisi psichica, senza preformazioni freudiane o comunque materialiste. L'esercizio onesto dell'analisi psichica ha portato quantomeno a questo risultato: i veggenti di Medjugorje sono giovani normali. Le ricerche mediche tramite vari strumenti di esplorazione organica hanno confermato che i veggenti non mentono ed entrano in uno stato di vera estasi. Quale sia il contenuto, cioè l'esperienza interiore, di tale stato, nessuna scienza sarà mai in grado di esplorare: l'esperienza interiore, soprattutto di indole ultrasensoriale, trascende le possibilità dell'esplorazione fisiologica, e nella sua intima natura anche la psicanalisi.
Quando l'indagine psicanalitica rifiuta in partenza l'ipotesi dell'intervento soprannaturale, imbocca due vie di uscita scontate: l'ipotesi della mistificazione o l'ipotesi parapsichica. Psicanalisi e parapsicologia possono a loro volta trovare un appoggio riduttivo nelle ipotesi neurochimiche o in altre ipotesi di ispirazione materialista.

Tratto da Medjugorje N° 8 del aprile 1986 (Comitato Medjugorje di Milano)

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